Gli occhiali sono ormai da otto secoli il principale mezzo di correzione delle anomalie refrattive. Dal semplice uso di lenti convergenti documentato già dal XIII secolo per ovviare alla presbiopia, si è passati a lenti sempre più complesse, fino alle attuali lenti multifocali.
Un occhiale è composto essenzialmente da due lenti (trasparenti o colorate per esempio per filtrare l’energia luminosa nel caso degli occhiali da Sole) e da una montatura, ossia di una struttura idonea a mantenere le lenti in posizione fissa rispetto agli occhi utilizzando come supporti il naso e le orecchie. La competenza tecnica specifica dell’ottico consiste nel sapere identificare, nei singoli casi concreti, il tipo di lenti e di montatura (materiali e forma) più idonei, e nell’operare correttamente il montaggio dell’occhiale.
Lenti oftalmiche
In generale, una lente si può definire come una porzione di materiale trasparente delimitata da due superfici di forma opportuna, che abbia la proprietà di far convergere (lente convergente) o divergere (lente divergente) un fascio di luce che la attraversa.
Si dice lente sferica una lente delimitata da due superfici sferiche (diottri sferici). Sono di uso frequente anche lenti delimitate da superfici non sferiche. In generale si parla in questi casi di lenti asferiche. Sono lenti asferiche per esempio le lenti toriche utilizzate per la correzione dell’astigmatismo e le lenti multifocali o progressive utilizzate per permettere a visione sia da lontano che da vicino a soggetti presbiti.
Si è soliti indicare come lenti oftalmiche le lenti destinate agli occhiali, mentre si parla di ottica di precisione quando ci si riferisce a lenti destinate a strumenti ottici quali cannocchiali, microscopi, obiettivi fotografici, ecc. In generale, le lenti oftalmiche hanno particolari caratteristiche costruttive e richiedono tolleranze meno stringenti rispetto alle lenti utilizzate nell’ottica di precisione.
Tra le caratteristiche che deve avere una lente oftalmica ideale vi sono le seguenti:
- leggerezza
- curvatura e spessore ridotti
- assenza di riflessi superficiali
- resistenza agli urti, ai graffi e alle flessioni
- resistenza ai solventi e agli agenti chimici (per permetterne la pulizia)
- materiale biocompatibile (che non produca irritazione al contatto con la pelle)
Tra i materiali attualmente disponibili per la produzione di lenti oftalmiche vi sono diversi tipi di vetri e di materiali organici.
Caratteristiche dei materiali per lenti oftalmiche
L‘indice di rifrazione
La caratteristica fondamentale di un mezzo ottico è l’indice di rifrazione. L’indice di rifrazione n esprime il rapporto tra la velocità della luce c nel vuoto e la velocità v della luce nel mezzo considerato, ovvero:
n cv
Nei mezzi materiali la velocità della luce è sempre minore che nel vuoto, e dipende:
- dalla natura del mezzo;
- dalla temperatura (che influisce in particolare nel caso delle sostanze liquide e gassose);
- dalla pressione (che influisce sulle sostanze gassose);
- dalla lunghezza d’onda della radiazione (nella maggior parte dei casi la luce di lunghezza d’onda minore – violetto e blu – è più lenta della luce di lunghezza d’onda maggiore – rosso).
Normalmente i valori dell’indice di rifrazione vengono dati per una temperatura di 20 °C e una pressione di
1 atm (760 torr = 101,325 kPa).
Utilizzare un materiale ad alto indice di rifrazione permette di ottenere lenti di ridotto spessore, a parità di potere. L’uso di materiali ad alto indice di rifrazione comporta, però, il peggioramento di altre caratteristiche.

Figura 1. Spettro della luce solare con l’indicazione delle principali righe di assorbimento.
La dispersione e il numero di Abbe
Per dispersione si intende la differenza fra gli indici di rifrazione per radiazioni con diversa lunghezza d’onda.
Il numero di ABBE è il rapporto di dispersione cromatica di un materiale trasparente alle lunghezze d’onda del visibile: più il numero di abbe è alto più la lente è buona.

Figura 2. Indice di rifrazione in funzione della lunghezza d’onda per diversi tipi di vetro.
La trasparenza
La trasparenza di un mezzo ottico indica la sua capacità di lasciarsi attraversare dalla luce. I fenomeni che possono influire sulla quantità di luce che riesce ad attraversare una lamina di materiale trasparente sono l’assorbimento all’interno del materiale e le riflessioni su ogni superficie attraversata.
Le grandezze fisiche che misurano l’assorbimento all’interno del materiale sono la trasmittanza e l’assorbanza. Il valore della trasmittanza T, per ciascun tipo di materiale e per un dato spessore, è dato dal rapporto tra l’intensità della radiazione trasmessa I e l’intensità I0 della radiazione incidente:
TII0
L’assorbanza A (un tempo detta densità ottica) è data invece dal logaritmo decimale del reciproco della trasmittanza:
A log 1T
Quando due strati di materiale trasparente vengono sovrapposti, la trasmittanza risultante è data dal prodotto delle trasmittanze dei due strati. L’assorbanza risultante dalla sovrapposizione dei due strati di materiale è data invece dalla somma delle loro due assorbanze.
Quando un fascio di luce incide sulla superficie di separazione di due mezzi, una parte si riflette, e una parte penetra nel secondo mezzo. La percentuale di radiazione riflessa dipende soprattutto dall’angolo d’incidenza, ed è minima per l’incidenza normale; quando il fascio è molto radente, ossia l’angolo di incidenza si avvicina a 90°, aumenta notevolmente la quantità di radiazione riflessa, che risulta anche polarizzata. E’ utile conoscere la formula semplificata che vale quando l’incidenza è normale o quasi: il fattore di riflessione (che si legge ro ed è l’erre dell’alfabeto greco), ossia la percentuale della radiazione riflessa dalla superficie di separazione fra due mezzi i cui indici di rifrazione sono n’ e n“, è espresso da
n n2n n2
Nel caso di un materiale che abbia n’ = 1,5 (per esempio vetro crown ordinario) e sia immerso nell’aria, con n” = 1, si ha
= (0,5/2,5)2 = 0,04 = 4%
Questa percentuale aumenta all’aumentare dell’indice di rifrazione del materiale. Per un vetro flint che abbia un indice di rifrazione n’ = 1,7 si ha
= (0,7/2;7)2 = 0,067 = 6,7%
Siccome ogni lente o ogni lamina ha sempre una superficie di entrata e una di emergenza, e siccome si ha riflessione praticamente nella stessa misura su entrambe le superfici, la quantità di radiazione riflessa da una lente è pari all’incirca al doppio di quanto indicato sopra.
Queste riflessioni possono essere ridotte o addirittura eliminate con opportuni trattamenti antiriflesso.
Il vetro
Il vetro è un solido omogeneo e trasparente ottenuto dalla fusione, ad alta temperatura, di silice (biossido di silicio SiO2) e altre sostanze.
La caratteristica fondamentale del vetro è di avere una struttura amorfa (“senza forma”), ossia non cristallina. In generale le sostanze solide hanno una struttura cristallina, nella quale gli atomi sono disposti secondo strutture regolari caratteristiche di ciascuna particolare sostanza. Nel vetro invece gli atomi sono disposti disordinatamente, senza nessuna struttura particolare. La proporzione degli atomi può fluttuare localmente e anche la distanza tra di essi varia in continuazione. Questo disordine, che si manifesta a livello delle dimensioni atomiche, scompare totalmente quando si considera un volume molto più grande. Lo stato vetroso può essere considerato come uno stato liquido ad altissima viscosità, tale cioè da assumere l’aspetto e la rigidità propria delle sostanze solide.
Le figure 4 e 5 danno un’idea della differenza tra una struttura cristallina e la struttura amorfa del vetro. Siccome si tratta di una nozione importante conviene chiarirla con un esempio. In una piazza possiamo immaginare una folla confusa, o un reparto militare inquadrato; la folla confusa rappresenta il vetro e il reparto inquadrato rappresenta un cristallo. È anche evidente che in un liquido le particelle non possono essere ordinate, perché il liquido è soggetto a rimescolamento (e abbiamo detto che il vetro si può considerare come un liquido solidificato). L’esempio della piazza permette di comprendere perché nel vetro la velocità di propagazione delle onde deve essere la stessa in tutte le direzioni. Invece in un cristallo non avviene lo stesso, ossia in una certa direzione la velocità di propagazione può essere diversa che in un’altra; proprio come se uno volesse attraversare una piazza occupata da un reparto inquadrato: se uno cammina parallelamente alle file dei soldati, può andare rapidamente, ma se le deve tagliare diagonalmente, deve procedere molto più lentamente.
Un corpo in cui le caratteristiche sono identiche in tutte le direzioni, si dice isotropo; un corpo non isotropo si dice anisotropo. Si dice perciò che il vetro è isotropo e i cristalli sono anisotropi. L’anisotropia dei cristalli si manifesta in modo evidente: se si osservano attentamente dei granelli di sale da cucina o di zucchero, che sono appunto dei cristalli, si vedrà che presentano delle facce, ossia delle superficie piane, che in tutti i granelli fanno fra loro angoli identici; tali facce sono parallele ai piani secondo cui sono disposti gli atomi nel cristallo. Invece se si osserva un frammento di vetro spezzato non vi vede traccia di facce come quelle dei cristalli.
La differenza tra stato vetroso e stato cristallino si manifesta anche dal fatto che un vetro o una sostanza amorfa e una sostanza cristallina si comportano in maniera differente durante la loro fusione: nel primo caso, con l’aumento della temperatura, il vetro passa dallo stato solido a quello liquido attraverso uno stato pastoso rammollendosi gradualmente senza presentare un netto punto di fusione; nel secondo caso, con l’aumento della temperatura, la sostanza cristallina passa allo stato liquido solo quando ha raggiunto la temperatura di fusione (caratteristica per ogni sostanza), che rimane costante finché tutto il solido non è diventato liquido (figure 6 e 7).
Conviene segnalare che nel linguaggio comune si chiama cristallo quel vetro al piombo che appare molto brillante e anche molto sonoro se si urta con un cucchiaio; se ne fanno servizi da tavola di lusso e oggetti di pregio in generale. Si chiamano cristalli anche i vetri dei finestrini delle automobili e quelli delle vetrine; in realtà si tratta di vetro comune, soltanto che ha uno spessore intorno al centimetro e le sue facce sono state lucidate con mezzi abrasivi. In entrambi i casi si tratta di vetro, e non di cristalli con una struttura cristallina.

Figura 4. Struttura cristallina ordinata di un cristallo di quarzo.

Figura 5. Struttura amorfa del vetro.

Figura 6. La fusione di una sostanza cristallina (ghiaccio).

Figura 6. La fusione pastosa del vetro.
Proprietà ottico-fisiche del vetro
Il vetro ordinario (vetro crown) ha indice di rifrazione intorno a 1,5 (un valore tipico è ne = 1,523) e disperde poco la luce, dato che il suo numero di Abbe è pari a circa 60. La sua densità è pari a circa 2,5 g/cm 3. Il vetro flint si ottiene aggiungendo piombo ai componenti del vetro: in questo modo si aumenta l’indice di rifrazione (fino a circa 1,7), ma si aumenta anche la dispersione (il numero di Abbe di un vetro flint può essere pari a circa 30) e la densità del vetro (fino a 4 g/cm3).
Anziché il piombo, possono essere utilizzati, per aumentare l’indice di rifrazione, il titanio (nelle lenti oftalmiche) e il bario o il lantanio (nelle lenti per ottiche di precisione). Con vetri al titanio si possono ottenere lenti con indice di rifrazione pari a 1,70 e densità di 3,0 g/cm 3. Con vetri al lantanio si possono ottenere indici di rifrazione ancora maggiori. A parità di potere, lo spessore e il peso di queste lenti risulta inferiore a quello di lenti in vetro crown o in vetro flint al piombo, come si può vedere nella tabella.
Tabella di confronto di spessori e pesi riferita a lenti negative con diametro di 60 mm.
Potere sferico in diottrie | Spessore al bordo (mm) | Peso in grammi | ||||
Titanio | Flint | Crown | Titanio | Flint | Crown | |
-5 | 4,20 | 4,34 | 5,58 | 20,78 | 29,17 | 22,74 |
-10 | 7,62 | 7,86 | 10,84 | 33,75 | 47,47 | 39,56 |
-15 | 11,67 | 12,29 | 18,52 | 49,38 | 70,34 | 61,62 |
-20 | 18,17 | 19,25 | — | 70,13 | 99,88 | — |
In generale il vetro ottico è quasi perfettamente trasparente alle radiazioni visibili, con valori della trasmittanza dell’ordine del 99% per uno spessore di 1 cm. Passando all’ultravioletto le radiazioni subiscono un assorbimento di intensità rapidamente crescente. Per i vetri flint con indice di rifrazione più elevato la banda di assorbimento si avvicina alla zona della radiazione visibile: questi vetri assorbono un poco nella parte blu-violetta della banda visibile e appaiono con una sfumatura di colore giallastra.
La durezza è una caratteristica che assume notevole importanza in quanto indica la resistenza del materiale alle abrasioni, e ha importanza per quanto riguarda la facilità con cui viene scalfito dai materiali con cui viene a contatto. Uno dei motivi per cui le lenti costruite con vetri flint non hanno avuto successo in occhialeria è da riscontrare nel fatto che questo vetro è molto tenero e quindi facilmente rigabile. Il valore della durezza del vetro varia molto a seconda della composizione oscillando tra 4 e 8 della scala di Mohs delle durezze.1
1 La durezza dei materiali viene riferita alla scala di Mohs, dal nome del mineralogista tedesco Friedrich Mohs (1773-1839) che fissò dieci minerali di riferimento, scelti in modo che ciascuno di essi scalfisce tutti quelli di numero inferiore e viene scalfito da tutti quelli di numero superiore, così ordinati:
Minerale Talco |
Durezza 1 |
Gesso | 2 |
Calcite | 3 |
Fluorite | 4 |
Apatite | 5 |
Feldspato | 6 |
Quarzo | 7 |
Topazio | 8 |
Corindone | 9 |
Diamante | 10 |
- Numero di Abbe = 57,8.
- Il CR-39 presenta una buona protezione UV in quanto taglia completamente la radiazione UV-B al di sotto di 320 nm e una buona parte della radiazione UV-A (la trasmittanza nella banda UV-A tra 380 nm e 320 nm di uno spessore di 1 mm di CR-39 è pari al 10,3%).
- Durezza. Il CR-39 è un materiale più morbido del vetro e a tale inconveniente si ovvia con opportuni trattamenti antigraffio, il più diffuso dei quali è il coating organico. Si tratta di un rivestimento con una vernice antigraffio di 4-6 m realizzato mediante un bagno in polisilossano (materiale trasparente organico contenente silice). Il trattamento antigraffio si accompagna a quello antiriflesso in quanto l’indice di rifrazione della vernice è di poco inferiore a quello del CR-39.
- Ottima resistenza chimica: non viene intaccato da acqua, alcol etilico, trielina, acetone o diluente nitro; può quindo essere pulito con acetone o con alcol.
- Non deve essere scaldato oltre i 100 °C.
La resistenza meccanica e l’elasticità del CR-39 sono scarse, per cui non è adatto per montature a giorno se lo spessore è minore di 4-5 mm.
I vetri organici
Con l’espressione “vetri organici” (non rigorosamente scientifica) vengono definiti quei mezzi ottici trasparenti realizzati mediante polimeri del carbonio. Sono molto diffusi in ottica oftalmica e hanno molte proprietà vantaggiose rispetto ai vetri minerali.
In generale per polimero si intende una macromolecola, ossia una molecola di elevato peso molecolare, costituita dalla ripetizione di un grande numero di gruppi molecolari, detti monomeri, legati tra loro da legami covalenti. Sono polimeri le materie plastiche, vari tipi di gomme e di fibre sintetiche.
Tra i polimeri si possono distinguere:
- i polimeri termoindurenti, formati da catene di monomeri ramificate e intrecciate, che una volta prodotti non possono essere fusi senza andare incontro alla loro degradazione (carbonizzazione); un esempio è il CR-39: se una lente in CR-39 viene avvicinata a una fiamma, brucia e si consuma annerendosi, ma non fonde;
- i polimeri termoplastici, formati da catene di monomeri lineari, che riscaldati si portano allo stato viscoso, fondono, e se successivamente raffreddati mantengono la nuova forma che hanno acquistato; un esempio è il policarbonato.
CR-39
Si tratta di un polimero sintetico termoindurente appartenente alla classe dei poliesteri (carbonato di dialliglicole). E’ stato sintetizzato per la prima volta dalla Columbia Chemical (ora Pittsburg Plate Glass Ind. – PPG; la sigla indica la trentanovesima formula sviluppata nel 1940 nell’ambito del progetto “Columbia Resins”). Le sue caratteristiche sono le seguenti:
- Indice di rifrazione n = 1,498. Questo valore relativamente modesto comporta che, a parità di potere diottrico, una lente in CR-39 ha uno spessore maggiore della corrispondente lente in vetro minerale.
- Densità = 1,32 g/cm3. Questo valore è circa la metà di quello del vetro crown (2,54 g/cm 3) e ciò conferisce alla lente organica una leggerezza decisamente superiore.
PC (policarbonato)
Si tratta di un materiale termoplastico (inizia a rammollirsi a 150 °C e diviene fluido a 300 °C) che presenta la notevole caratteristica di avere una struttura molecolare completamente amorfa. Ciò rende tale mezzo molto resistente agli urti, 50 volte superiore alla resistenza del CR-39 e circa 250 volte quella del vetro crown non temperato, e per questo motivo è il materiale preferito per gli occhiali per bambini. Le sue caratteristiche sono le seguenti:
- Indice di rifrazione n = 1,587.
- Densità = 1,20 g/cm3.
- Numero di Abbe = 29.
- – E’ completamente opaco ai raggi UV: la trasmittanza si riduce bruscamente a zero a circa 400 nm.
- – Resta stabile fino a 130 – 140 °C, e può quindi essere usato in qualunque condizione termica normale.
- Può essere pulito con alcol ma non con acetone.
Le prime due caratteristiche fanno sì che una lente in policarbonato, a parità di potere, risulti decisamente più leggera di una lente in CR-39 o in vetro minerale. Le qualità ottiche del policarbonato sono però mediocri, dato che per il suo numero di Abbe, che è il più basso tra quelli dei materiali utilizzati in ottica oftalmica, le lenti in policarbonato soffrono di aberrazione cromatica.
La sua resistenza meccanica risulta ridotta in corrispondenza di intagli e di fori, e per questo non è adatto all’uso in montature a giorno.
Come curiosità, si può aggiungere che il cockpit del caccia supersonico F-22 Raptor è formato da un unico blocco di policarbonato di alta qualità ottica.
Materiali ad alto indice di rifrazione
Diversi produttori offrono polimeri con indice di rifrazione pari a 1,60, 1,66 o anche 1,70. Della maggior parte di questi materiali non sono note le formule chimiche perché non sono state divulgate dalle aziende produttrici, che li contraddistinguono con nomi commerciali. Con questi materiali è possibile realizzare lenti che, a parità di potere, sono meno curve e più sottili di quelle ottenute con materiali a indice di rifrazione inferiore.
I materiali ad alto indice di rifrazione tendono però ad avere un numero di Abbe inferiore rispetto a lenti realizzate con materiali più convenzionali, e soffrono maggiormente quindi di aberrazione cromatica. Sono anche leggermente più pesanti. Una lente organica con indice di rifrazione 1,66, per esempio, ha un numero di Abbe pari a 32 e una densità di 1,35 g/cm3.
Un altro problema che si presenta con materiali ad alto indice di rifrazione è la maggiore riflettività. Un materiale con indice di rifrazione 1,66 riflette il 6,3% della luce incidente su ogni superficie, rispetto al 4,0 % del CR-39. Per questo motivo, e anche per la minore curvatura delle superfici, si possono avere con queste lenti riflessi fastidiosi. Per eliminarli sono necessari trattamenti superficiali antiriflesso.
Trivex
Trivex è un materiale sviluppato nel 2001 dalla PPG, che unisce la resistenza meccanica del policarbonato con una grande qualità ottica e una grande leggerezza. Le sue caratteristiche sono:
- Indice di rifrazione 1,53 simile a quello del CR-39 e del vetro crown.
- Numero di Abbe 46, sufficientemente elevato da non dare problemi di aberrazione cromatica.
- Densità 1,11 g/cm3: è il materiale più leggero disponibile per la produzione di lenti oftalmiche.
- Opacità ai raggi UV.
Diversi produttori offrono lenti in Trivex con differenti nomi commerciali (“Phoenix” per Hoya, “Trilogy” per Younger Optics, ecc.). La struttura polimerica interna del Trivex lo rende particolarmente resistente e adatto per la realizzazione di montature a giorno, tanto che Younger Optics fornisce per le sue lenti “Trilogy” una garanzia a vita contro rotture provocate dalle montature.